“Toc..Toc..Toc.. Linda” di Pierpaolo Mantovani

Illustrazione in copertina di Pierpaolo Mantovani

L’assassinio di una bambina di otto anni avvenuto nel 1970 in una scuola elementare, e la scomparsa di altre quattro bimbe negli anni successivi, hanno creato nel tempo la perfetta leggenda urbana. Un giornalista di una rivista specializzata, quasi cinquant’anni dopo, viene inviato per indagare nella cittadina teatro di questi tragici eventi.

Michael Duran parcheggiò la sua Chevrolet Aveo davanti al vialetto d’accesso della vecchia “Winslow Elementary School”.

Quel luogo, quasi cinquant’anni prima, era stato teatro di un feroce omicidio: Linda White, una bambina di otto anni, era stata brutalmente assassinata da un vagabondo che l’aveva strangolata all’interno dei bagni della scuola.

La bambina era stata trovata dal custode.

L’uomo aveva visto sbucare i piccoli piedi dalla porta del terzo bagno nella sezione femminile, aveva cercato di soccorrerla, ma ormai non c’era più niente da fare.

Nessuno sapeva che Linda era lì.

La bimba, appena arrivata nell’istituto, era andata in bagno per fare pipì e la maestra, non vedendola, aveva pensato che quella mattina non fosse a scuola.

La tragedia aveva travolto la cittadina di Winslow gettando nello sconforto l’intera comunità,

fiumi di lacrime erano state versate per quella vittima innocente, che però, non erano bastate a colmare l’immenso dolore che la sua morte aveva provocato.

Gli investigatori, dopo un’indagine portata avanti in modo alquanto frettoloso, avevano stabilito che molto probabilmente la piccola era stata uccisa da un balordo che si era introdotto nella scuola per passarci la notte, alla vista della bambina aveva perso la testa e l’aveva uccisa per paura di essere denunciato.

L’uomo non fu mai trovato ed il caso fu archiviato come irrisolto.

Dopo quel terribile episodio, a distanza di qualche anno fra loro, erano scomparse altre quattro bambine che frequentavano la scuola: Megan Wright nel 1977, Carol Parker nel 1983, Susan Lee nel 1990 e Judith Carroll nel 1995.

I loro corpi non erano mai stati ritrovati. Tutte e quattro prima di sparire erano uscite dalla loro classe chiedendo alla maestra di poter andare in bagno da dove però non avevano fatto più ritorno.

In venticinque anni in quella scuola erano sparite cinque bambine senza che nessuno avesse mai scoperto la causa della loro scomparsa.

Quei terribili accadimenti in poco tempo avevano alimentato storie inquietanti sulla scuola e sui presunti fantasmi che la infestavano, tanto da far diventare la tragedia della piccola Linda, una delle leggende urbane più famose di tutto lo stato.

Si diceva che il suo spirito infestasse i bagni femminili.

Se bussavi per tre volte alla porta del terzo bagno partendo dal fondo, e pronunciavi il suo nome, lei si materializzava vestita con la divisa della scuola, ti afferrava e ti trascinava negli inferi attraverso lo scarico del bagno.

Duran lavorava per “Ghosts and Blood” una rivista di New York, le cui inchieste cercavano di fare luce su fatti di sangue che in qualche modo avevano alimentato dicerie e leggende legate al soprannaturale.

All’interno della redazione c’era un team che si occupava di scovare tutti i casi di omicidio o scomparsa che erano avvenuti negli ultimi sessant’anni, e che potevano avere dei risvolti paranormali.

Gordon Lewis, il capo redattore, pochi giorni prima aveva ricevuto dal responsabile della squadra un rapporto dettagliato sui misteri della “Winslow Elementary School”, e ne era rimasto particolarmente colpito. Aveva chiamato nel suo ufficio Duran e lo aveva spedito nel Maine.

Se il suo fiuto non lo ingannava, e questo non succedeva quasi mai, quella storia avrebbe fatto vendere a “Ghosts and Blood” parecchie copie extra rispetto al solita tiratura.

Duran scese dalla macchina, prese dalla tasca interna della giacca il pacchetto di sigarette Pall Mall rosse, ne tirò fuori una, e se l’accese fissando l’edificio che aveva davanti.

Nel 2000 era stato abbandonato per lasciare posto alla nuova struttura che aveva accolto la scuola elementare.

Le amministrazioni che si erano succedute negli anni non avevano mai deliberato per la sua demolizione, ed il complesso era rimasto lì, come un mausoleo eretto in memoria di cinque bambine scomparse senza un motivo.

Tante associazioni di cittadini avevano chiesto che fosse abbattuto, forse per demonizzare o cancellare definitivamente le strane storie che lo riguardavano, ma tutte le richieste si erano arenate nelle pastoie burocratiche, impedendo così alle ruspe di entrare in azione.

D’accordo Michael, mettiamoci al lavoro, pensò tirando fuori dalla macchina una cartellina trasparente. Al suo interno c’era il dossier dettagliato sulla storia.

Prima di partire l’aveva studiato attentamente, aveva preso appunti, annotando il nome della maestra che involontariamente era salita alla ribalta della cronaca, per la sola colpa di essere stata l’insegnante di tutte le bambine scomparse.

Emily Cross doveva avere ottantacinque anni, se le sue informazioni erano giuste.

Sul dossier c’era scritto che dopo l’ultima sparizione, la donna era caduta in una profonda forma di depressione da cui non si era più ripresa. Attualmente era ospite della “House of Roses”, una casa di riposo per anziani fuori Winslow.

Quando Duran entrò nella stanza, la donna gli dava le spalle seduta su una poltrona. Stava guardando fuori dall’ampia finestra che si apriva sulla camera.

Il suo sguardo era assente, il corpo era lì, ma la mente vagava in una dimensione che solo lei conosceva.

« Buongiorno signora Cross, sono Michael Duran », disse presentandosi.

L’anziana non ebbe nessuna reazione, continuò a guardare nel vuoto; allora lui le si avvicinò e con molta delicatezza le toccò la spalla.

Al contatto con la sua mano la signora Cross sembrò tornare alla realtà, alzò leggermente lo sguardo verso di lui, e gli sorrise.

« Signora Cross.. »

« Emily, mi chiami pure Emily », lo interruppe lei.

« D’accordo signora Emily. Io sono Michael. Sono un inviato della rivista “Ghosts and Blood”, e volevo farle alcune domande riguardo… »

« Non entri in quella scuola! » lo interruppe ancora, guardandolo spaventata.

« Non vada in quel luogo per nessun motivo. Lei è lì che aspetta, piena di rancore e rabbia perché nessuno l’ha aiutata. »

« Chi? » chiese Duran piegandosi sulle gambe per essere alla stessa altezza della donna.

« Linda », rispose lei con un filo di voce.

« Linda è sempre stata lì per vendicarsi, per far soffrire chiunque la nominasse. È stata lei a far sparire le altre bambine. Loro l’hanno disturbata e lei le ha trascinate all’inferno. »

La donna fece un respiro profondo e continuò: « Non ha fatto sparire solo loro, ma tanti altre persone che per curiosità hanno osato violare la sua casa. Quando si entra nella vecchia scuola e si evoca il suo spirito non c’è più via di scampo. Niente può fermarla. »

La donna cominciò a piangere sommessamente, poi rivolgendosi nuovamente a Duran disse:

« Ho fatto uscire di classe quelle povere bambine e non le ho riviste più. A distanza di pochi anni tra loro sono scomparse ed io non sono riuscita a proteggerle. La disperazione mi ha portato tante volte davanti alla porta del bagno dove è stata uccisa Linda, volevo credere alla leggenda, volevo che mi prendesse e che mi portasse dalle mie bambine, volevo scendere all’inferno e abbracciarle, dire loro di non avere paura.

Ho bussato alla porta, ma tutte le volte che dovevo pronunciare il suo nome, non ne ho mai avuto il coraggio, sono  sempre scappata con la vergogna che mi attanagliava l’anima. »

Mentre parlava stava cominciando a tremare.

Duran cercò di calmarla, ma senza successo.

« Sono stata una vigliacca! Vigliacca! Vigliacca », gridò disperata.

« Non deve andare laggiù! C’è il diavolo ad aspettarla! Non deve andare, non deve andare! »

Le urla della signora Cross avevano attirato l’attenzione degli infermieri che erano nel corridoio adiacente alla camera.

Si erano precipitati nella stanza per vedere cosa stava succedendo, ed entrando videro la donna in ginocchio che con le mani chiuse a pugno stava battendo sul pavimento.

« Ma che diavolo sta succedendo qua dentro! », urlò uno di loro rivolgendosi a Duran.

Lui lo guardò senza risposta.

« Esca immediatamente da qui », gli ordinò l’infermiere senza dargli il diritto di replica.

Duran uscì in silenzio.

L’ultima immagine che ebbe della signora Cross, fu quella di una povera vecchia intontita dai sedativi con lo sguardo fisso nel nulla. Il suo corpo era lì ma la mente si era persa per sempre.

Michael Duran non era tipo da impressionarsi facilmente, ma il colloquio con l’anziana maestra lo aveva messo a disagio. Non che credesse a tutte quelle fesserie, ma comunque un po’ d’inquietudine si era fatta strada nel piccolo angolo della sua testa riservato alle stronzate senza una spiegazione.

Si era ritrovato a lavorare per la rivista non perché credesse ai fantasmi, ma per pura necessità.

Il suo lavoro lo sapeva fare bene, ma la maggior parte delle volte aveva infiocchettato le inchieste di cui si era occupato, per renderle più interessanti, più misteriose.

I lettori di Ghosts and Blood si nutrivano con le storie di fantasmi assassini o vampiri alieni venuti da pianeti sconosciuti, e lui non faceva altro che fornire loro il cibo.

Lewis lo spediva in giro per il paese a caccia di storie terrificanti infarcite di superstizione e occultismo, ma lui si trovava sempre di fronte alla normale alchimia che fa girare il mondo: si muore per gelosia, per soldi o per disperazione, ma quasi mai a causa di un fantasma incazzato o per colpa di qualche strega originaria di Salem.

Purtroppo era costretto in qualche modo a portare a casa il risultato e quindi molto spesso lavorava di fantasia.

L’alba stava sostituendo la fresca notte del Maine, Duran parcheggiò la sua Chevrolet in una via non lontana dalla scuola e si avviò a piedi.

Anche se in giro non c’era nessuno non voleva rischiare di dare troppo nell’occhio.

La scuola era una costruzione in mattoni rossi che si sviluppava su due piani, un corpo centrale con l’ingresso principale, faceva da divisorio a due padiglioni laterali che si estendevano uno a destra e l’altro a sinistra.

Al suo esterno, due campi da basket incorniciavano un piccolo parco giochi.

La lunga esperienza di giornalista investigativo permise a Duran di entrare nella scuola senza problemi, l’unica incognita poteva essere la presenza di un allarme, in quel caso comunque avrebbe avuto tutto il tempo per uscire e non farsi beccare.

Ma quella eventualità si rivelò solo una congettura, nessun allarme proteggeva quel luogo.

Adesso non gli rimaneva che trovare i bagni della sezione femminile.

La luce del sole che stava sorgendo, filtrando dalle finestre vetrate, illuminava l’atrio che si apriva davanti a lui.

Se la scuola era stata progettata come erano state progettate tante altre scuole con quella struttura, i bagni dovevano essere in fondo ai due corridoi che si estendevano ai lati opposti di dove si trovava.

Ne scelse uno e cominciò a camminare guardandosi intorno.

Finalmente era davanti al loro ingresso, e la fortuna aveva voluto che fossero quelli delle femmine, se avesse scelto il corridoio sbagliato avrebbe dovuto rifare tutto il percorso al contrario.

Entrò con cautela, era stato in tanti luoghi teatro di crimini terribili, ma quel posto aveva qualcosa d’intimamente inquietante.

Più che paura provava disagio, i delitti sono sempre avvenimenti tragici, ma quelli in cui le vittime sono dei bambini hanno qualcosa in più, qualcosa che ti colpisce lo stomaco che ti lascia senza fiato.

Il bagno si sviluppava in senso longitudinale, a sinistra c’era quello che rimaneva dei lavandini; alcuni erano stati completamente staccati dal muro, altri penzolavano precari, come le foglie sui rami in autunno.

A destra c’erano i bagni.

La leggenda diceva che si doveva bussare tre volte alla porta del terzo bagno partendo dal fondo e poi chiamare Linda.

Duran si avvicinò a quella porta e il sudore, che era aumentato notevolmente, cominciava a macchiargli la camicia sotto le ascelle.

Forza Michael che aspetti! Bussa, e pensa alla storia da inventarti per Gordon, pensò con poca convinzione.

La sua mano si strinse a pugno, e lui bussò tre volte… Toc.. Toc.. Toc…..

« Maledizione Michael! Ti ho mandato due giorni nel Maine e non hai concluso nulla! », tuonò Lewis dietro la sua scrivania.

« Che vuoi che ti dica Gordon, in quella scuola non c’era nulla d’interessante, solo scarafaggi ed escrementi di ratto. »

« È la prima volta che non mi porti niente, non posso crederci », continuò Lewis.

« Non lo so, forse sto invecchiando », rispose laconico Duran.

Non aveva voluto inventarsi una storia, forse per una forma di rispetto nei confronti di quella cittadina che aveva vissuto quelle terribili tragedie, o forse perché quando era arrivato il momento di pronunciare il nome della bambina, un oscuro presentimento lo aveva fermato.

Un terrore incontrollato gli aveva morso lo stomaco, e come aveva fatto molti anni prima la signora Cross, era uscito da quel bagno terrorizzato, era salito in macchina, e non si era più voltato indietro…

Aveva camminato per quasi un miglio trascinandosi dietro tutta la sua vecchiaia, ogni passo le era sembrato più pesante di quello precedente. Era uscita senza che nessuno se ne accorgesse.

L’infermiere del turno di notte era un grassone iperteso, che dopo aver ingurgitato due hamburger super calorici, si era addormentato profondamente spalmato sulla sedia che soffriva silenziosa sotto il suo peso.

Una macchina con a bordo quattro ragazzi l’aveva incrociata vicino alla vecchia scuola.

« Ehi vecchietta, vuoi venire a fare un giro con noi? » gli avevano urlato sguaiati.

Lei non li aveva neanche sentiti, chiusa nel suo scialle aveva superato la recinzione in legno che circondava l’edificio, e come guidata da una forza soprannaturale si era diretta verso l’ingresso.

Duran aveva dovuto armeggiare un po’ per forzare la serratura quando era entrato nella scuola, ma lei trovò la porta completamente spalancata.

Aveva la mente stranamente lucida, sapeva che quella volta sarebbe dovuta arrivare fino in fondo, sapeva che non poteva fuggire come aveva fatto tanti anni prima.

La visita di quel giornalista era stata devastante, però le aveva fatto capire che adesso era giunto il momento di raggiungere le sue bambine.

Era completamente buio, ma lei conosceva benissimo quei corridoi e le bastava solo il bagliore della luna, quella notte innaturalmente grande, per sapere dove andare.

Quando entrò nei bagni delle femmine il buio era assoluto, cominciò ad avanzare a tentoni fino a raggiungere il fondo della stanza, poi con le mani tese in avanti cerco le porte che erano alla sua destra.

Cominciò a contare mentalmente facendo il percorso inverso.

Uno, due, tre…

Si fermò davanti alla terza porta e con il cuore che le batteva forte bussò tre volte, poi senza esitazione ma con la voce spezzata dalla paura pronunciò il nome della piccola Linda.

Per un attimo, che a lei sembrò un’eternità, non successe niente; poi improvvisamente le porte degli altri bagni si spalancarono sbattendo violentemente contro le pareti.

I lavandini che si reggevano precari caddero a terra spezzandosi in più parti.

Una luce fatua di un colore verdastro iniziò ad illuminare la stanza rendendola luminescente.

La porta del terzo bagno si aprì lentamente, e davanti alla signora Cross apparve una figura che ondeggiava come se fosse sferzata da un vento venefico.

La donna poteva vedere il muro piastrellato attraverso di essa.

Lentamente quella sagoma eterea cominciò a materializzarsi.

La sua faccia era gommosa e cambiava forma repentinamente. Sembrava una spugna che si allargava e stringeva come un cuore che pulsava sospeso in aria.

Dal suo naso uscivano enormi vermi bianchi che uno dopo l’altro cadevano sul pavimento contorcendosi come in preda ad un attacco di convulsioni.

La sua pelle squamosa era piena di enormi bolle che ad ogni contrazione, scoppiavano facendo uscire un liquido giallastro dall’odore nauseabondo.

Poi, improvvisamente, quell’essere spaventoso fermò il suo mutare continuo, e davanti alla’anziana maestra apparve una bambina vestita con la divisa della scuola.

Aveva i capelli neri che le scendevano sulle spalle coprendo parzialmente la camicetta bianca.

La sua gonnellina rosa era sporca e strappata sull’orlo, era completamente scalza e le sue piccole gambe erano piene di lividi.

I suoi occhi, che fissavano quelli della signora Cross, erano due spilli marroni contornati dal rossore dei capillari rotti. I

l collo era bluastro, prova di una mano che lo aveva strinto senza pietà. Era come una collana che la morte le aveva regalato tanti anni prima.

Pietrificata davanti a Linda, la signora Cross sentì alla sue spalle delle bambine che cantavano una filastrocca.

Mani invisibili le tolsero lo scialle dalle spalle e le sfilarono le ciabatte dai piedi, poi con dolcezza la spinsero dentro il bagno.

Linda guardava in modo atono la sua maestra.

La bocca le si allargò in un sorriso innaturale che presto si trasformò in un ghigno mostruoso.

Le sue labbra, incorniciate da un viso tumefatto dalla morte, si allargarono fino a toccare le estremità delle orecchie, e un urlo terrificante le uscì dalla gola.

Dentro quell’abisso la povera Emily vide l’inferno.

Dopo un attimo la scuola ripiombò nel suo naturale silenzio ed in lontananza il verso di una Folaga annunciò l’inizio di un nuovo giorno.

Erano passati due mesi dal suo viaggio a Winslow.

Mike Duran seduto ad un tavolo della locanda di “Vickie” sulla Route 182, stava gustando un caffè nero accompagnato da delle ciambelle che avrebbero resuscitato anche i morti.

Il destino lo aveva riportato nel Maine, questa volta a Bangor dove una serie di macabre uccisioni aveva sconvolto la città.

Stava leggendo svogliatamente un quotidiano locale, quando la sua attenzione fu attirata da un articolo in quinta pagina.

“Anziana maestra scomparsa da una casa di riposo vicino Winslow”.

Si trattava di Emily Cross di anni ottantacinque.

Alcuni testimoni l’avevano  incrociata vicino alla vecchia scuola elementare, aveva indosso la vestaglia ed uno scialle che le copriva le spalle, ai piedi un paio di ciabatte e nient’altro.

Da quel momento si erano perse le sue tracce.

La polizia aveva battuto tutta la zona ma le ricerche avevano dato esito negativo, finché allo sceriffo non era venuta l’idea di dare un’occhiata all’interno della vecchia scuola dove era stata vista l’ultima volta e dove aveva insegnato per tanti anni.

Il sopralluogo aveva aumentato ancora di più i timori per la sorte dell’anziana signora; nei bagni delle femmine gli agenti avevano trovato lo scialle e le ciabatte della donna, ma di lei non c’era nessuna traccia.

L’articolo chiudeva spiegando che la donna era molto famosa in città perché era stata la maestra delle bambine scomparse anni prima, e che per questo era caduta in uno stato depressivo irreversibile che poteva averla portata a compiere un gesto estremo.

La sigaretta che Duran aveva tra le labbra, cadde centrando la tazza di caffè.

I suoi occhi guardavano il giornale ma le parole stampate erano come vortici che soffiavano nella sua testa.

Si aggrappò al tavolo; il locale aveva cominciato a girare intorno a lui come la giostra di un Luna Park.

Per poco non si era ritrovato bocconi sul pavimento, come un pesce appena pescato che sbatte la coda nella speranza che qualcuno lo ributti in acqua.

Quando lo smarrimento lasciò spazio alla razionalità riuscì a riprendere il controllo, e dopo aver riacquistato un po di lucidità, chiese un altro caffè.

Fissando quel liquido nero davanti a se, come se fosse un enorme buco nero che voleva inghiottire tutte le sue certezze, ripensò a quella scuola, a quel bagno così pregno di sofferenza e dolore.

Se avesse finito il rituale per evocare lo spirito di Linda, forse sarebbe sparito anche lui. Forse la bambina lo avrebbe preso per mano e trascinato giù negli inferi più profondi.

Sicuramente quello era il luogo che si meritava per tutte le bugie che aveva scritto, e per la sua insolente negligenza nel non vedere oltre la realtà.

Povera signora Cross pensò, era riuscita a fare quello che non aveva mai avuto il coraggio di fare tanti anni prima.

Aveva chiamato Linda, e lei era apparsa trascinandola dalle sue bambine.

Finalmente poteva stare con loro e proteggerle.

Duran non sapeva se all’inferno o in qualche luogo di un’altra dimensione, ma era sicuro che adesso erano tutte insieme e nessuno avrebbe potuto dividerle mai più.

Si alzò con la consapevolezza che anche lui aveva avuto un ruolo in quella tragedia.

Se non fosse andato a trovarla e a farle ricordare il passato, quella povera vecchia sarebbe ancora seduta sulla sua poltrona a guardare nel vuoto.

Con il cuore che gli sembrava pesante come un macigno, pagò il conto, si accese una Pall Mall, e salì in macchina.

Toc, toc,toc, Linda,  gli sussurrò una voce all’orecchio.

Per un attimo l’immagine di una bambina con la divisa della scuola gli apparve davanti all’auto; poi tutto svanì.

Continuò il viaggio verso Bangor, sapendo che da quel giorno, la sua vita non sarebbe stata più la stessa.

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