6000 battute. Quattro storie da leggere di Pierpaolo Mantovani

Quattro storie che toccano altrettanti temi della nostra vita quotidiana: l’emarginazione, la solitudine, la fede, la pedofilia. Temi scottanti che spesso evitiamo di trattare perché troppo ingombranti. E’ giusto invece scrivere su questi argomenti, perché tutti sappiano e nessuno dimentichi.

“Fantasmi moderni”

Un altro giorno è scivolato via, il sole ha lasciato spazio alla sera ed io sono seduto ad un tavolo con il  mio zaino.

Davanti a me, un piatto di plastica, una forchetta di plastica, ed un bicchiere, anche quello di plastica.

Me li hanno portati ragazzini dal sorriso gentile, che facendo acrobazie fra i tavoli, tentano ogni giorno di regalare un sorriso a chi non ride più da molto tempo.

Fuori c’è un’altra notte che mi aspetta, le luci dei lampioni non possono scaldarmi, la sala d’aspetto della stazione centrale è chiusa, la chiudono sempre di notte.

Cammino tra la gente ma nessuno mi vede. Sono un fantasma che si aggira tra le vie di questa città, stanco e mal vestito.

Un tempo ridevo, piangevo, mi arrabbiavo e gioivo, ero una persona come tante, con i suoi vizi e le sue virtù.

Adesso sono niente, sono un corpo che si trascina stanco privo della sua anima, privo della sua dignità.

Siamo fantasmi moderni, ognuno con la sua storia ognuno con i suoi perché.

Un lavoro perso e mai ritrovato, un matrimonio andato in pezzi, una scelta di vita, che considera la libertà senza prezzo.

Sono  sotto il portico di una chiesa, sistemo il mio giaciglio improvvisato.

Nello zaino ho tutto quello che mi occorre, ma la notte è fredda e mi trafigge come una spada forgiata nel ghiaccio.

Mi alita addosso screpolandomi la pelle.

Le mie ossa gemono al cospetto della notte, lei penetra dentro di me, si fa largo silenziosa e annebbia la mia mente.

Tremo, il mio cuore batte sempre più lento, mi lascio fagocitare da questa oscurità che mi circonda.

Chiudo gli occhi, non penso, non respiro, non vivo.

Una mano tocca la mia spalla, socchiudo gli occhi e un angelo mi sorride.

Con lui altre persone che mi sorreggono.

Mi accompagnano in un luogo  dove la notte non fa più paura, dove la notte è un letto caldo e una tazza di caffè, dove la notte è normalità.

La normalità che spesso dimentichiamo di apprezzare, finché per un qualsiasi motivo non dobbiamo affrontare il buio con uno zaino, un cartone e una vecchia coperta. 

“Fedeli amiche”

Ruvide, segnate dal tempo, ormai deformate dalle tante cose fatte, guardo le mie mani.

Ogni cicatrice che le disegna mi porta a ricordi indelebili.

Sono mani che hanno lavorato e che lavorano ancora.

Impugnando strumenti, che le hanno solcate per sempre, hanno sofferto con me per i dolori che il lavoro manuale inevitabilmente porta con sé.

Ma hanno anche gioito per le bellissime cose realizzate.

Fedeli e preziose appendici.

Soldati al servizio della mente che vuole creare.
Insostituibili strumenti di tutti i giorni.

Non sempre sono state così. Un tempo hanno sfiorato delicatamente le corde di una chitarra.

Con movimenti perfetti, hanno fatto vibrare quello strumento creando magia.

Erano delicate, immacolate, prive di brutalità.

Hanno fatto ansimare giovani ragazze che si affacciavano per la prima volta all’amore, le hanno carezzate con dolcezza le hanno prese per mano.

Quelle stesse mani hanno cullato mia figlia nelle notti insonni, l’hanno coccolata, l’hanno curata.

Adesso sono sul mio grembo immobili, non toccano, non stringono altre mani, non possono fare niente perché potenziali portatrici di sofferenza.

Le guardo, e spero che presto tornino a lavorare, a creare, a soffrire.

Loro sono la forza della mia vita e mai permetterò che si fermino per sempre.

“La finestra”

L’uomo è in piedi davanti alla finestra.

É stanco.

Gli occhi appesantiti sono umidi e pieni di tristezza.

Infila la mano in tasca, e con le dita tremanti di un vecchio, prende un fazzoletto.

Si alza gli occhiali e si asciuga il viso imperlato di sudore.

La finestra si apre, lui cammina lento verso di essa.

La piazza è come un immenso pavimento ricoperto di coriandoli colorati.

L’uomo è un unico punto bianco che si affaccia dal palazzo Apostolico.

Quella finestra si apre ogni Domenica, e con lei la sua anima  si apre ai fedeli.

In questo passaggio ideale, il mondo dello spirito incontra quello terreno.

Lui crede nella preghiera, e attraverso quella finestra cerca di offrirla al mondo, ma si rende conto che non è sufficiente, che non è abbastanza.

Si sente inadeguato, si sente un piccolo uomo sull’orlo di un’immensa voragine di dolore.

Come può giustificare tanta sofferenza.

Lui è come loro, ma investito da un potere temporale che forse non avrebbe mai voluto.

Perché proprio lui?

Lui così pieno di dubbi, così disperatamente umano.

Le parole escono dalla sua bocca come verbo divino, ma non le sente.

Sente solo la Fede che ha dentro, che gli da forza che gli da conforto, ma che non gli da risposte.

La Fede è questo: credere senza avere risposte.

Lui lo sa, e ogni volta che si affaccerà da quella finestra i dubbi, la sofferenza, il dolore, lo accompagneranno sempre, in un conflitto spirituale che non avrà mai soluzione.

“Il Professor Estate”

Il professore scendeva ogni mattina dal treno, e con la borsa a tracolla percorreva a piedi la strada che lo portava a scuola.

Sposato con due figlie, aveva una grandissima passione per gli Ufo ed i rapimenti alieni e questa era l’unica stranezza di una vita apparentemente tranquilla.

I ragazzi lo chiamavano il professor “Estate” per il suo cognome, Summer, che gli dava un aria internazionale.

Era molto taciturno, ma estremamente scrupoloso nel suo lavoro. Sempre puntuale ed ineccepibile nel comportamento con gli alunni.

Quando, dopo l’orario scolastico tornava a casa, spesso posava le sue cose e senza neanche mangiare saliva in auto e cominciava il suo giro di reclutamento.

Nel quartiere cinese poteva trovare quello che gli serviva senza avere problemi.

I bambini orientali sono difficili da identificare e molto silenziosi.

Qualche volta era andato anche in alcuni campi rom, ma i genitori facevano troppe domande e volevano sempre più soldi.

Con cinquanta euro si portava via due o tre bambini.

I piccoli spesso piangevano impauriti, ma lui sapeva come calmarli.

Nudi in un set improvvisato, senza rendersi conto di cosa quel l’uomo li costringesse a fare, compivano gesti che li avrebbero segnati per sempre.

Lui accendeva la videocamera e tutto finiva salvato in un file da condividere con altri mostri.

Poi, la normalità di una vita qualunque..

« Buongiorno professor Summer. »

« Buongiorno ragazzi, facciamo l’appello. »

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